|
|
|
Il film,
che illustra la condizione dei bambini palestinesi alle prese con una
quotidianità di violenza e senza un futuro, è stato girato tra i
Territori Occupati e gli Stati Uniti.
Negli
Stati Uniti, l’ex combattente palestinese Ali Abu Awwad, già nella prima
Intifada e ora uno dei leader del movimento pacifista ‘Al Tariq’, e l’ex
soldato israeliano Elik Elhanan, un portavoce dell’associazione
‘Combatants for Peace’, tentano di trovare una soluzione al conflitto
attraverso il dialogo e la nonviolenza. Dopo aver abbandonato la via
della vendetta, cercano di trovare una nuova strada nel reciproco
ascolto delle motivazioni del nemico, nonostante le rispettive opinioni
pubbliche sembrino sorde ad esse.
Il film è
uno sguardo trasversale sugli scontri, le sofferenze e le speranze di
giovani attivisti sia dello Stato d’Israele che della Palestina, che
lottano per un futuro migliore delle giovani, ignare e innocenti vittime
di uno dei più tragici conflitti dell’epoca contemporanea. |
|
|
|
|
|
Attraverso le
testimonianze delle madri che vivono nella terra dilaniata dalla guerra
infinita, con il terrore di non veder rientrare a casa i propri figli,
vengono mostrati i conflitti e i drammi privati che raccontano la
Storia. Il dolore per la perdita di un figlio, che sia vittima o
carnefice, è il più profondo e straziante, ingiusto e incomprensibile.
La sofferenza per la perdita di un familiare è universale, non esistono
differenze di razza né di credo. Attraverso il riconoscersi in questo
dolore è possibile iniziare un nuovo cammino che porti alla
comprensione. Madri israeliane e palestinesi che hanno vissuto questo
dramma ci aiuteranno a capire attraverso i loro racconti questa
terribile realtà.
Il film della durata di 90 minuti raccoglie testimonianze di vita,
momenti quotidiani, filmati di repertorio e materiale video privato
inediti; tutto girato e documentato in Israele e in Palestina. Le madri
che testimoniano hanno idee, estrazioni culturali e sociali diverse ma
tutte condividono un desiderio: che non ci siano più innocenti a pagare
per colpe non loro. Non un discorso politico o ideologico ma un
messaggio che arrivi dritto al cuore di ognuno di noi. Sono tante le
storie che il documentario racconta, dalla mamma di Malki (15 anni,
vittima di un kamikaze alla pizzeria Sbarro a Gerusalemme nel 2002) alla
madre di Izz, il ventunenne di Jenin autore dell'attentato.
Storie di dolore e di rabbia nella terra dove ora il sentimento del
perdono non esiste.
I genitori di "Parents Circle" (organizzazione che riunisce genitori di
vittime palestinesi ed israeliane) ci fanno capire come stanno tentando
di migliorare il futuro delle nuove generazioni. |
|
|