i film
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Titolo del film:
THE ORPHANAGE (El Orfanato) Regia: Juan Antonio Bayona Soggetto e Sceneggiatura: Sergio G. Sánchez Fotografia: Óscar Faura Musiche: Fernando Vélazquez Interpreti: Belen Rueda (Laura), Fernando Cayo (Carlos), Roger Príncep (Simón), Mabel Rivera (Pilar), Montserrat Carulla (Benigna), Andrés Gertrúdix (Enrique), Edgar Vivar (Prof. Leo Bálaban), Óscar Casas (Tomás), Mireia Renau (Laura bambina), Georgina Avellaneda (Rita), Carla Gordillo (Martín), Alejandro Camps (Víctor), Carmen López (II) (Alicia), Óscar Lara (Guillermo), Geraldine Chaplin (Aurora). Genere, durata e nazionalità: Horror, 100', Messico/Spagna |
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Trama: Laura, insieme a suo marito, decide di riaprire il vecchio orfanotrofio che l'ha ospitata da piccola, per accogliere i bambini disabili Il giorno dell'apertura del centro, suo figlio adottivo Simon, le dice che sta giocando con i suoi amici invisibili, ma la donna non fa molto caso a queste parole, pensando che sia tutto frutto della fantasia del bambino. Quando qualche tempo dopo, i misteriosi comportamenti del figlio ed alcuni strani episodi, fanno nascere in Laura i primi dubbi, chiamerà una squadra di parapsicologi per aiutarla a capire cosa sta succedendo... |
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Rassegna Stampa | |||||
Francesco Lomuscio - da
www.filmup.com "La mia mente vagava rivedendo le immagini di vecchi film dell’orrore come "Suspense" di Jack Clayton e "Gli invasati" di Robert Wise, perciò pensavo che il film dovesse essere girato alla maniera classica: in uno studio". Incuriosisce non poco questa dichiarazione dell’esordiente Juan Antonio Bayona, proveniente da cortometraggi e videoclip, perché il suo "El orfanato", prodotto da Guillermo del Toro ("Il labirinto del Fauno") ed incentrato sulle figure di Laura (Belén Rueda), Carlos (Fernando Cayo) e il figlio di sette anni Simon (Roger Príncep), alle prese con qualcosa di terribile che si nasconde all’interno di un vecchio orfanotrofio abbandonato in cui la donna trascorse trent’anni prima i momenti più felici della sua infanzia, richiama alla memoria proprio le atmosfere e gli stratagemmi per trasmettere paura tipici dell’horror old style, comprendente, appunto, il film di Clayton e quello di Wise. Infatti, con un pizzico di splatter rilegato ad un paio di momenti ed una seduta spiritica in cui troviamo coinvolta perfino Geraldine Chaplin ("Il dottor Zivago"), a dominare la vicenda, costruita su lenti ritmi di narrazione e che sembra comunque riallacciarsi alla tipologia di ghost-story resa popolare da "The sixth sense-Il sesto senso" di M. Night Shyamalan e "The others" di Alejandro Amenábar, è soprattutto un sonoro tempestato di cigolii, tuoni e pioggia, quando ad intervenire non sono le inquietanti esecuzioni al piano di Fernando Velázquez ("The backwoods-Prigionieri del bosco"). Per non parlare delle notevoli scenografie di Josep Rosell ("Amantes-Amanti"), le quali, illuminate dalla bella fotografia di Óscar Faura ("Quito"), contribuiscono in maniera fondamentale a rendere esteticamente accattivante un prodotto che, girato con mestiere e ben recitato, non si sarebbe altrimenti distaccato più di tanto dai vari esempi di cinema fantastico europeo d’inizio millennio (alcune situazioni ricordano sia "Fragile" che il francese "Saint Ange"), nonostante la buona sceneggiatura dell’esordiente Sergio G. Sánchez. Aspetti cui si devono i sette premi Goya assegnati a questa interessante storia di orrore che nasce nel cuore della famiglia perfetta e cresce in modo inatteso minacciando di distruggerla del tutto, fino ad un commovente twist ending che ci permette tranquillamente di leggere l’insieme quale elogio all’istinto materno ed a tutte coloro che si sacrificano fino in fondo per i propri figli. La frase: "Non è strano sentire in qualche maniera la presenza di una persona amata dopo la sua morte". |
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Giancarlo Zappoli -
da www.mymovies.it Il
passato ritorna in un film che ha nella protagonista il proprio punto di
forza Dei bambini stanno giocando. Sono
gli ospiti di un orfanotrofio e una di loro, Laura, sta per andarsene
perché adottata. Divenuta adulta Laura torna in quel luogo con il marito
Carlos. Vuole farlo divenire un istituto accogliente per bambini
bisognosi di cure come Simon, il piccolo che ha adottato. Il bambino è
affetto dall'HIV e non gli resta molto da vivere. |
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Claudio Carabba - Da Corriere della Sera
Magazine, 27 Novembre 2008 La villa è triste e isolata. La bella signora crebbe fra quelle pareti, da piccola orfanella. Tornarci insieme al marito dormiglione e al figlioletto difficile, non è una buona idea. Nelle antiche stanze (forse) sono restati i fantasmi dei vecchi bambini di un tempo: e vogliono ancora giocare... Il debuttante Bayona lavora alla grande su una paura fatta di sguardi e di sospiri. |
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Andrea Fornasiero - Da Film Tv, 11 novembre
2008 Gran successo di pubblico e di critica (ben sette i Goya vinti) in terra di Spagna, The Orphanage, prodotto dall’iperattivo Guillermo del Toro, è l’opera prima di Juan Antonio Bayona. Il regista spagnolo è già stato cooptato da Hollywood, del resto già in questo esordio la sua mano non difetta in professionalità. La regia è sicura, mai gratuita, capace di tenere in piedi una trama di certo non originalissima, molto e forse troppo vicina alle storie di fantasmi bambini giapponesi. Laura e suo marito vogliono trasformare un orfanotrofio in una comunità per bambini disabili, ma qualcosa di terribile è successo tra quelle mura e a quel destino Laura era sfuggita di poco, solo grazie all’adozione. La vicenda richiama elementi di Dark Water (gli spettri bambini in cerca di compagni di giochi e figure materne) e luoghi di Ringu 2 (la grotta in riva al mare) e The Others (la magione infestata è vasta e antica), ma la cura squisitamente tecnica della produzione infonde vita propria a passaggi in fondo risaputi. Non si tratta di un capolavoro, ma di un caso di cinema di genere sviluppato con intelligenza e dalla fattura accurata, che tiene la tensione con un’atmosfera inquieta e regala un paio di genuini spaventi. |
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Maurizio Porro - Da
Il Corriere della Sera, 14 novembre 2008
The Orphanage di Juan Antonio Bayona
Settimana dei bambini scomparsi: da un lato l' epica denuncia del film
di Eastwood sulla grande depressione morale in Usa, dall' altro questo
horror freudiano che, nonostante il titolo inglese, viene trionfante
dalla Spagna (neo autore, Juan Antonio Bayona) dove ha conquistato
pubblico, critica e sette Goya, i loro Oscar. In gotica cornice di
vecchia, isolata magione avita, un classico, Laura (la brava, intensa
Belén Rueda di Mare dentro) torna alla sua infanzia di orfanella, col
marito e il figlioletto a sua volta adottato, fantasioso e malato. Lo
scopo è di allestire una casa per bambini disabili, ma la scomparsa del
figlio, abituato a conversare con invisibili compagni di gioco, accende
un sistema d' infelici memorie che nonostante gli sforzi paranormali
della |
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Roberto Nepoti - Da La Repubblica, 14 novembre 2008 Il produttore è Guillermo Del Toro, e si vede. Da lui, il giovane Juan Antonio Bayona ha imparato la lezione: raccontare storie di fantasmi che non sono soltanto horror, ma raccontano la paura del mondo, il dolore, l'istinto materno. Laura torna nella grande villa di famiglia, dove ha deciso di accogliere bambini sfavoriti; l' accompagnano il marito, medico, e il figlio adottivo Simon, malato di Aids. Simon gioca con piccoli amici invisibili; però non si tratta della nota fantasia infantile: sono fantasmini abbandonati, vittime di antichi orrori. Si vede poco in The Orphanage, ma quel poco basta a trasmettere brividi ignoti al più truculento degli splatter. Siamo piuttosto dalle parti di "The Others" e del "Sesto senso"; in una versione più evoluta. La bella sceneggiatura gioca con la figura di Peter Pan (Laura è una Wendy, divenuta l' unica adulta in un mondo di bambini), alternando soprannaturale e situazioni quotidiane, in un'atmosfera di mito. Geraldine Chaplin interpreta una medium. |
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Davide Turrini - Da Liberazione, 14 novembre
2008 Aprite pure
quella porta. Dietro non ci troverete pazzi assassini o cadaveri
maciullati, ma semplicemente candidi fanciulli, magari sottospirito,
lasciati deperire in una stanza di un vecchio orfanotrofio delle Asturie
spagnole. L'orfanotrofio , prima regia dell'iberico J. A. Bayona, è un
nuovo e riuscito esempio di cinema che terrorizza, senza inondarti
necessariamente di emoglobina. Una parvenza di horror (al botteghino
spagnolo ha raccolto la cifra record di 25milioni di euro!) inclinato
sul versante del fantastico. |
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Alessandra Levantesi
- Da La Stampa, 14 novembre 2008
Attenzione ai titoli di testa di The Orphanage, dove i nomi, impressi su
pareti fatiscenti, saltano fuori a ogni strappo della carta da parati
che li ricopre. In questo emergere del passato di sotto la vernice
fresca del presente, c’è infatti la chiave di lettura del suggestivo
horror |
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Fabio Ferzetti - Da
Il Messaggero, 14 novembre 2008
Che cosa distingue un buon horror capace di parlare a tutti dalle
macchine da brivido fabbricate più o meno in serie? Elementare: il
dolore. Il semplice, genuino, ineffabile dolore. Che non coincide con la
cruda sofferenza fisica (per quella bastano i tanti “gore” circolanti
nelle nostre sale) ma affonda nelle zone più oscure del nostro Io (della
nostra infanzia). Memoria, identità, sentimento di appartenenza. Con
relative angosce di separazione più o meno violenta o definitiva. È
questo il sentimento che pulsa dietro alle storie di fantasmi. Quei
fantasmi sono i nostri cari perduti dei quali nulla potrà consolarci,
certo, ma sono anche le parti di noi che abbiamo sacrificato per
crescere e adattarci al mondo reale. Specie se non sono fantasmi adulti
ma bambini. |
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12 Novembre 2008 - Conferenza
stampa "The Orphanage" Intervista al regista. di Francesco Lomuscio In occasione dell'uscita italiana di "The orphanage", apprezzato horror spagnolo vincitore di ben sette premi Goya, il giovane regista esordiente Juan Antonio Bayona ha incontrato a Roma la stampa. |
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La tradizione horror iberica, seppur poco conosciuta in Italia, va in realtà avanti da moltissimi anni; hai dei maestri a cui ti sei ispirato per "The orphanage"? Juan Antonio Bayona: Sicuramente l'idea di girare un film così è nata dopo "The others", ma il maestro dell'horror spagnolo a cui mi sono ispirato è Narciso Ibañez Serrador, autore di "Ma come si può uccidere un bambino?" e, soprattutto, de "Gli orrori del liceo femminile", che riscosse grande successo.
Cosa pensi di
questa recente esplosione dell'horror spagnolo? In "The
orphanage" c'è forse qualche riferimento a "Lo spirito dell'alveare" di
Victor Erice? Parliamo un
po' della scelta stilistica. Come è nato
il rapporto con Guillermo del Toro, che ha prodotto "The orphanage"? Come mai il
film è stato girato con tecnici esordienti? Invece, per
il ruolo della protagonista hai sempre pensato a Belén Rueda? Dopo i
consensi ottenuti da "The orphanage" avrai sicuramente ricevuto molte
proposte… |
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