Homepage Pierrot le fou.. il circolo Cinema Esedra Cinema Splendor I film Link    
         
 

Home
Su

i film

   
         
    Titolo del film: PALERMO SHOOTING (Palermo Shooting)

Regia: Wim Wenders

Soggetto e Sceneggiatura: Wim Wenders, Norman Ohler

Fotografia: Franz Lustig

Musiche: Irmin Schmidt

Interpreti: Campino (Finn), Giovanna Mezzogiorno (Flavia), Dennis Hopper (Frank), Inga Busch (Karla), Sebastian Blomberg (Manager/Julian), Francesco Guzzo (Giovanni), Wolfgang Michael (Erwin), Harry Blain (Harry), Gerhard Gutberlet (Gerhard), Axel Sichrovsky (Hans), Patti Smith (Se stessa), Lou Reed (Se stesso), Milla Jovovich (Se stessa), Giovanni Sollima (Se stesso), Jana Pallaske (Studente), Udo Samel (Banchiere), Alessandro Dieli (Dottore), Melika Foroutan, Olivia Asiedu-Poku,  Irina Gerdt, Letizia Battaglia

Genere, durata e nazionalità: Germania/Italia, 124'

   
         
    Rassegna Stampa    
         
       Valerio Caprara - Il Mattino, 25 maggio 2008

   È successo e succederà a tutti i grandi registi sbagliare un film. Da qualche anno, però, a Wim Wenders succede troppo spesso. Dispiace molto, infatti, ritrovare il regista che lanciò proprio a Cannes «Il cielo sopra Berlino» trasformato in un mistico veggente di anime, per di più attirato dagli equivoci brividi dell'esotismo. Ex pellegrino sapiente delle lande statunitensi, Wenders s'era già misurato con la mediterraneità in «Lisbon Story» (1994), ma evidentemente l'ispirazione non è più quella di un tempo... «Palermo Shooting», uno dei pochissimi film in concorso a ricevere una brutta accoglienza dai giornalisti, è stato per di più coprodotto dalla Regione Sicilia grazie a un'iniziativa di politica culturale tanto comprensibile, quanto purtroppo ridimensionata alla prova dei fatti. La trama, concepita dallo stesso regista insieme a Norman Ohler, appare sin dall'inizio vecchia e risaputa, visto che pedina il classico fotografo alla moda sull'orlo di una crisi di nervi a causa di una vita (professionale & privata) matta e disperatissima. Nonostante l'aggressivo carisma del neo-attore Campino, star del gruppo punk-rock «Die Toten Hosen», il prologo si fa ricordare solo grazie a certi scorci di Dusseldorf colti dall'"occhio" glaciale del fedele operatore Franz Lustig. Il peggio, ahinoi, deve ancora venire perché a un certo punto il protagonista parte alla volta della nobile capitale sicula, dove inizia a essere perseguitato dalle apparizioni di una lugubre figura incappucciata che a più riprese lo bersaglia con l'arco e le frecce. Per fortuna è accudito e in qualche modo protetto da Flavia (Giovanna Mezzogiorno) che, guarda caso, sta lavorando al restauro dell'anonimo affresco quattrocentesco chiamato «Il trionfo della morte»... Capita l'antifona? Il quarantenne nordico sta combattendo una battaglia contro se stesso e, per contrastare la depressione, non gli resta che aggrapparsi con tutte le forze all'occulto e barocco spirito sudista e alla freschezza della giovane indigena. Tutto sa di pretenzioso e posticcio, a cominciare dalle auto-indulgenti comparsate dell'ex sindaco dipietrista Leoluca Orlando e della rinomata fotografa Letizia Battaglia; senza contare che Palermo e persino la meravigliosa cittadina di Gangi ci fanno la figura di sfondi turistici. Il culmine del ridicolo è toccato dal finalissimo, quando Campino e il cappuccione (Dennis Hopper) intrecciano tra le scalette e gli scaffali degli Archivi Comunali un duello/dialogo sui Sommi Temi. Retorica e goffaggini a parte, c'è anche il guaio che l'aveva già fatto un certo Bergman ne «Il settimo sigillo». In molti parlano di probabili premi in arrivo per Laurent Cantet, il Ken Loach francese che ha presentato «Entre le murs» a suggello dell'edizione n°61. Si tratta, però, di un quasi-documentario, tratto dal libro omonimo pubblicato due anni orsono dal trentasettenne Francois Bégaudeau, interpretato dallo stesso ex insegnante di scuola media e realizzato facendo interpretare se stessi a ventiquattro alunni della scuola di un quartiere «difficile» parigino. Grazie a un sofisticato lavoro preparatorio e al delicato equilibrio tra immedesimazioni e recitazioni, il risultato è intenso e originale, ancorché a rischio di monotonia specialistica. Comunque le lezioni, i collegi dei professori, gli scontri, l'irruzione del mondo esterno, i ruoli coperti o scoperti delle famiglie e la conflittualità permanente innescata dalla multietnicità del gruppo riescono nell'intento di comunicare non solo le pene della categoria disprezzata e malpagata degli insegnanti, ma anche i dubbi e i drammi dei ragazzi di umili origini incapaci di comprendere la necessità della diciplina e della gerarchia e sempre in bilico tra la scuola e la strada.

   
         
       Stenio Solinas - Il Giornale, 25 maggio 2008

   Sogni, fantasmi e apparizioni non hanno fortuna qui al Festival di Cannes, e così come era stato fischiato sere fa La frontiera dell'alba di Filippe Garrel, ieri è stata la volta di Palermo Shooting (Appuntamento a Palermo) di Wim Wenders. La cosa ha un sapore particolare perché se il primo è una sorta di icona di un cinema intellettuale tenuto in grande considerazione in Francia, il secondo lo è del Festival stesso: otto volte presente, in competizione o fuori concorso, pluripremiato, già presidente della Giuria. In entrambi casi è lo scarto fra le intenzioni, come dire, filosofiche, e la loro realizzazione cinematografica ad aver scatenato la reazione e se l'interrogarsi sull'amour fou, l'amor passione, di Garrel più che il tragico sfiorava il ridicolo, qui è l'interrogarsi sulla morte, ovvero sul senso della vita, ad accumulare noia e, purtroppo, banalità. Wenders mette in scena un fotografo famoso e di gran successo che dopo la morte della madre si ritrova con le sue notti popolate di incubi, si rende conto della sua solitudine e della sua stanchezza di vivere. L'ennesimo viaggio di lavoro lo porta da Duesseldorf a Palermo e qui, in questa città dove la celebrazione del giorno dei morti ha la stessa solennità di quella del Natale, si ritrova ad essere preso di mira da un misterioso killer che non cessa di braccarlo con le sue frecce color dell'argento.
Contemporaneamente, l'incontro con una bella restauratrice d'arte intenta nel restauro di un affresco che non a caso ha per titolo «Il trionfo della morte », fa scattare inconsciamente un nuovo interesse alla vita. La presenza del misterioso assassino, che poi altri non è che la morte stessa si fa però sempre più minacciosa... Finn, il protagonista del film è un cantante rock molto noto in Germania, Campino, la ragazza è la nostra Giovanna Mezzogiorno, La Morte è Dennis Hopper, il cranio rasato per l'occasione, e addosso una sorta di saio o di mantello che lo fa assomigliare a un templare o a un massone. C'è anche spazio per un'apparizione dell' ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che parla in tedesco con accento siciliano e della fotografa Letizia Battaglia, nonché di molta Sicilia più o meno folkloristica. «La scelta di questa città – ha spiegato il regista -è fondamentale all'interno del film, e del resto in tutte le mie opere i luoghi geografici hanno sempre avuto grande importanza. Sono come dei personaggi a parte intera. Palermo è qui una sorta di catalizzatore, da un lato grottesca e bruciante, dall'altro imponente eppure delicata, profondamente ferita eppure sempre pronta a rialzarsi. Ci sono andato portandomi dietro il Viaggio in Italia di Goethe, e ho scoperto che in due secoli non era cambiato niente». Hopper, lo abbiamo detto, incarna La Morte. «Non ne ho fatto una figura lugubre, ma un uomo schiacciato dalle sue responsabilità, uno che cerca disperatamente di fare bene il suo lavoro». Nel film in questione, tuttavia, alla fine non porta a compimento la sua opera e questo, sia detto senza offesa, per lo spettatore è un peccato.

   
         
       Emanuela Martini - Il Sole 24 Ore, 25 maggio 2008

   Il titolo avrebbe dovuto mettere sull'avviso: Palermo Shooting, dove "to shoot" significa contemporaneamente sparare, colpire, fotografare, riprendere. Scivolone conclusivo per il festival di Cannes, la cui competizione si chiude con il nuovo film di Wim Wenders che, lasciato da parte lo sguardo lineare dei suoi ultimi film americani, si abbandona a derive lynchiane che, privo com'è di senso dell'umorismo,non padroneggia. Malamente influenzato dal barocco siciliano, Wenders non ci risparmia niente: fotografie che si animano e sogni espressionisti, Escher e Murnau, sermoni su fotografia, cinema, pittura e "cammei" filosofeggianti di Lou Reed e Leoluca Orlando, Bergman e Antonioni (ai quali Palermo Shooting è dedicato e che sono citatissimi) e una "trionfale" apparizione conclusiva di Dennis Hopper nei panni di una Morte piuttosto bonaria e ridanciana, forse per abbassare i toni deliranti del film.
Film più brutto della competizione, ad altissimo rischio di ridicolo involontario, Palermo Shooting riassume una delle due tendenze cinematografiche vistosamente prevalse, talvolta a livelli estremi, nei ventidue film della competizione: estetismo contro minimalismo.

   
         
    Homepage Pierrot le fou.. il circolo Cinema Esedra Cinema Splendor I film Link