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film
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Titolo del
film: MACHAN - LA VERA STORIA DI UNA FALSA
SQUADRA (Machan)
Regia:
Uberto Pasolini
Soggetto e Sceneggiatura:
Ruwanthie De Chickera e Uberto Pasolini,
ispirato ad una storia vera
Fotografia:
Stefano Falivene
Musiche:
Lakshman Joseph De Saram e Stephen Warbeck
Interpreti:
Dharmapriya Dias (Stanley), Gihan De Chickera (Manoj),
Dharshan Dharmaraj (Suresh), Namal Jayasinghe (Vijith), Sujeewa Priyalal
(Piyal), Mahendra Perera (Ruan), Dayadewa Edirisinghe (Naseem)
Genere, durata e
nazionalità:
Commedia, 110', Sri Lanka/Italia/Germania |
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Trama
Ispirato da una storia vera
Sri Lanka, una bidonville a Colombo.
Senza soldi e senza futuro, un gruppo di disperati ai margini della
società trova in un torneo di palla a mano in Baviera la risposta alle
loro preghiere, un biglietto di sola andata verso l’Occidente e la
ricchezza che potrebbe risolvere tutti i loro problemi. Manoj e Stanley
cercano di tirarsi su a vicenda dopo che la loro ultima richiesta di
visto è stata respinta. Il barista Manoj è affranto poiché il suo sogno
di vivere e lavorare nel magnifico Occidente continua ad essergli
negato, mentre l’amico di una vita Stanley, venditore ambulante di
frutta a Colombo, non ce la fa piu’ a tirare avanti, oberato da
pesantissimi debiti, due zie pazze e un fratello minore che sta
imboccando la strada del crimine. Con il morale a terra, i due scoprono
per caso un bando di gara per partecipare ad un torneo di palla a mano
in Baviera, che ai loro occhi appare come un dono del Cielo. E anche se
nessuno di loro ha la più pallida idea di cosa sia la palla a mano,
inviano in fretta e furia una scheda di ammissione fasulla e ben presto
un variegato mix di amici e colleghi, creditori e poliziotti, vanno ad
allargare le fila dell’improbabile Nazionale di Palla a Mano dello Sri
Lanka.
Pensando al torneo che li aspetta dall’altra parte
del mondo, la squadra organizza delle caotiche "sessioni di
allenamento". Ma quando finalmente arriva il tanto agognato invito, le
regole della palla a mano vengono immediatamente accantonate; il sogno
di lasciarsi alle spalle la povertà e di cominciare una nuova vita
prende il sopravvento mentre si dirigono tutti insieme verso
l’ambasciata tedesca per ottenere il magico visto…
Respinti una volta ancora! Chi aveva mai sentito
parlare di una lettera del Ministero? E perché mai c’e bisogno del
permesso del proprio governo quando sei stato invitato dal governo di un
altro Paese? E’ forse la fine del sogno? Ma non perdiamoci d’animo: c’è
sempre il maestro dei falsari e eclettico truffatore Ruan, anche se
ricorrere ai suoi servigi vuol dire proprio aver toccato il fondo.
L’ultima soluzione – piuttosto difficile da accettare per alcuni – è
quella di includere nella squadra uno sparuto gruppo di stranieri
bloccati nel Paese: finalmente, carte false alla mano, la squadra ormai
al completo riesce ad ottenere il tanto agognato visto e dopo uno
struggente addio ad amici e parenti, gli improbabili atleti sono
finalmente in viaggio verso l’Occidente e il luminoso futuro che li
attende. Ma i piani di una veloce fuga al momento dello sbarco vengono
mandati all’aria dal comitato di accoglienza che li aspetta
all’aeroporto e da un improvviso cambiamento di programma, che fa sì che
i nostri atleti si ritrovino in men che non si dica dentro ad uno stadio
gremito di tifosi che non vedono l’ora di applaudire la Nazionale di
Palla a Mano dello Sri Lanka! 70 a 0. E ora? Scapperanno prima
dell’inevitabile arresto e dell’inglorioso ritorno a casa? O
combatteranno fino alla fine per difendere il loro orgoglio personale e
nazionale, a costo di mettere a rischio la realizzazione del loro sogno?
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Federica Di Bartolo - www.filmup.com
Dopo essere stato
il produttore del film campione d’incassi "Full Monty", il regista
Uberto Pasolini fa parlare di sé al Festival di Venezia richiamando
l’attenzione del pubblico con lunghe code alle sale. L’esordiente
regista, nipote del grande Luchino Visconti, porta sul grande schermo
una simpatica commedia basata su una storia vera: "Machan", presentata
nelle "Giornate degli Autori" di Venezia. Sebbene sia una versione
romanzata di un fatto di cronaca tedesca vi è una sostanziale veridicità
che quattro anni fa è apparsa sulle pagine dei giornali italiani.
L’opera è finanziata da diversi paesi come: Regno Unito (Redwave Films),
Italia (Rai Cinema, StudioUrania), Germania (Babelsberg Film) e Sri
Lanka (Shakthi Films) ed è prodotto da Prasanna Vithanage, Conchita
Airolda e dallo stesso regista. Il film non ha grandi pretese, ma è una
miscela esplosiva di allegria e uno spaccato su una realtà troppo spesso
dimenticata, stupisce il fatto che il budget del film sia di soli 2
milioni di euro, nonostante la complessità della storia. "Machan" è un
misto di umorismo e dramma, la povertà e la miseria della gente dello
Sri Lanka, che si arrabatta come può e il loro desiderio di avere una
vita migliore sono descritte con molta dignità e simpatia. La pellicola
è parlata metà in cingalese e metà in inglese e vede come protagonisti
attori non professionisti, eccetto il riconoscibilissimo Mahendra Perera.
"Machan", che significa "amico", descrive il mondo e la vita delle
baraccopoli di Colombo, la sporcizia, i debiti e la necessità di dover
emigrare altrove e abbandonare la propria famiglia per trovare un lavoro
migliore. Madri e padri che sono costretti a lasciare i loro figli e i
loro cari alla ricerca di lavoro e soldi da spedire ai loro congiunti,
fanno perfino debiti pur di poter pagare il viaggio o trovare il modo
per fuggire in cerca dell’opulenza occidentale. Non c’è disperazione
nelle sequenze delle baraccopoli, ma una leggera malinconia ed allegria,
forse legata allo spirito connaturato a quel popolo. Tutto è
accompagnato dalla musica, che risulta essere non invasiva, ma sembra
far parte di quel mondo con la capacità di sottolineare gli stati
d’animo e confondersi con i suoni comuni della città. I protagonisti
sono Manoj, un barman, e Stanley, venditore di arance che provano di
tutto pur di avere il visto per poter partire, ma falliscono sempre
finché un giorno non decidono di creare una squadra di pallamano
nazionale per partecipare al torneo in Baviera. Ma cos’è la pallamano?
Nessuno lo sa, ma questi uomini non demordono e si impegnano a cercare
di superare le diverse difficoltà, animati dal desiderio e dalla
necessità. Ognuno di loro ha una sua storia che il regista ha cercato di
scoprire andando sul campo e intervistando le persone che li conoscevano
e i familiari, dato che nessuno sa dove siano in questo momento. E’
predominante il tema della clandestinità, quel fenomeno visto da molti
come una minaccia e forse affrontato in modo sbagliato dalle varie
nazioni occidentali. Nessuno sembra comprendere che per loro partire è
una necessità, ma se potessero resterebbero con la loro famiglia
piuttosto che raggiungere l’Occidente e non essere nessuno, non avere
un’identità, perché essendo clandestini non sono più le persone che
erano nel loro paese.
Sono un nulla, persone anonime che cercano un lavoro e un colpo di
fortuna, ma non è detto che vi riusciranno. Il ritmo della pellicola è
altalenante, parte molto lentamente per poi animarsi e restare costante.
"Machan" riesce a catturare la disperazione dei personaggi, la vita e la
miseria, affrontando il tutto con uno sguardo diverso legato al sorriso,
nella speranza che il pubblico uscendo dalla sala possa riflettere sulla
tragicità della situazione.
La frase: "Con le donne italiane stai peggio. Picchiano i
mariti". |
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Silvio Danese -
Il Quotidiano Nazionale, 20 settembre 2008
Fuga per la vittoria: nel 2004, per
cambiare destino, 23 uomini inventano la squadra nazionale di palla a
mano dello Sri Lanka per partecipare a un campionato in Germania, poi
spariscono nel nulla, ricercati ancora oggi. Con giusta fiducia nella
cronaca, il produttore del fenomeno d’incassi Full Monty, nipote di
Visconti, ma non parente di Pasolini, esordisce nella regia recependo la
dose di umorismo della squadra inesistente, nel fondo drammatico
dell’emigrazione, del destino in clandestinità, della speranza senza
identità. I volti dei non-attori, i caratteri (dal contadino
all’avvocato), le location reali: si sente la profonda ricerca aiutata
da Vithanage, il cineasta più celebre di Sri Lanka, qui produttore.
Nella bidonville di Colombo ti portano via anche il tetto di casa se non
paghi, gli usurai strangolano, le madri lasciano la famiglia per cercare
fortuna in Occidente, i conflitti etnici pesano. Manoj e Stanley, con
una richiesta di visto ancora respinta, un giorno leggono l’annuncio di
un campionato internazionale di palla a mano... Divertente ed esemplare. |
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Claudio Carabba -
Da Il Corriere della Sera Magazine, 25 settembre 2008
Da un'altra terra lontana (Sri
Lanka), un'altra storia vera narrata da un produttore (Full Monty)
che debutta alla regia. Commuovono le tribolazioni dei poveri arditi,
che per emigrare in Europa, fingono di essere una squadra di pallamano.
Dolce e simpatico, il film conferma l'intelligente curiosità di una
nuova generazione di autori che vogliono lasciare il tinello di casa. |
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Boris Sollazzo - DNews, 17 settembre 2008
Uberto Pasolini, con questo cognome e
la parentela con Visconti, era condannato a fare cinema. E lo ha fatto,
ma nella produzione, scovando quella geniale commedia precaria che ha
aperto un genere, The Full Monty. Ma non poteva non passare anche dietro
la macchina da presa e allora ha pensato bene di scegliersi una storia
altrettanto potente nella sua "normale" umanità. Già, perché quella
raccontata in questo film è la vicenda bizzarra e realmente accaduto di
due dozzine di singalesi che si sono inventati una nazionale di
pallamano- in realtà mai esistita, in Sri Lanka è uno sport sconosciuto-
per riuscire a espatriare e raggiungere la Germania. Espediente geniale
che permette a Pasolini di far incontrare l'Armata Brancaleone a Fuga
per la vittoria. Perché giocando s'impara, persino il senso dell'onore e
l'orgoglio nazionale per un paese che non ti dà alcuna opportunità,
neanche quella di scappare a migliaia di chilometri di distanza. Una
commedia melodrammatica, in cui il sorriso è malinconico e il pianto
allegro. E non è poco, soprattutto se si conta che Pasolini non va a
colonizzare con la sua coproduzione italo-singalese-tedesca questo paese
lacerato dalle lotte etniche e di classe, ma lo coinvolge rendendolo
parte attiva: il produttore Prasanna Vithanage, la sceneggiatrice
Ruwanthie De Chickera, la grande attrice Damayanthi Fonseca sono i perni
di questo film. La costruzione dell'esilarante truffa, la forza di non
fuggire di fronte alle umiliazioni ma cercare il gol della bandiera (mai
definizione fu più appropriata), il delicato sguardo su tanti drammi
personali che si fanno tragedia comica collettiva, tutto è perfetto in
questo piccolo grande film. Qua la(palla)mano. |
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Roberto Nepoti - La
Repubblica, 12 settembre 2008
Ha ricevuto
un'ottima accoglienza di pubblico a Venezia questa commedia dolceamara
con cui Uberto Pasolini, produttore di Full Monty, esordisce nella
regia. Nella loro diversità, i due film condividono alcuni tratti:
l'impianto corale, la simpatia per i diseredati e un tono dolceamaro che
là virava al grottesco, in Machan inclina piuttosto alla malinconia.
Ispirata ad un paradossale fatto di cronaca, la storia comincia quando
Manoj e Stanley hanno un'idea: formeranno la squadra dì pallamano dello
Sri Lanka per disputare un torneo in Baviera, sfuggendo così
all'indigenza delle baraccopoli di Colombo. Salvo che nessuno dei
prescelti—venditore di arance, barista o gigolò che sia—si è mai sognato
di giocare a pallamano. Machan (parola che significa "amico") è un film
a piccolo budget, ma che non bada a spese nel tratteggiare una serie di
personaggi dotati ciascuno di umanità e simpatia. Divertente la seconda
parte, che si svolge sul campo da gioco e dove l'improbabile "nazionale"
scopre il proprio orgoglio. Ben giocato anche il piano-sequenza in
sottofinale, quando i poliziotti dell'immigrazione irrompono in scena,
ma... lasciamo che lo spettatore lo scopra da sé. |
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Alberto Crespi -
L'Unità, 12 settembre 2008
Se a Venezia si
fosse votato per il film più simpatico, le vecchiette di Pranzo di
ferragosto se la sarebbero giocata con i cingalesi di Machan,
curiosissimo esordio nella regia di un signore, Uberto Pasolini, che in
carriera ha già prodotto film famosi come Full Monty, e I vestiti nuovi
dell'imperatore. Pasolini è italianissimo, ma il suo curriculum
cinematografico è super-internazionale: si è fatto le ossa sul set di
Urla dal silenzio e ha sempre cercato storie dal respiro universale.
Machan (parola tamil che significa «amico mio») si ispira a un fatto di
cronaca di alcuni anni fa: l'odissea di alcuni giovani dello Sri Lanka
che, per emigrare in Europa, si inventarono una nazionale cingalese di
pallamano, sport che in quel paese - a differenza del cricket - non ha
la minima tradizione. Compilando documenti falsi e facendosi fotografare
in divise sportive di fortuna, quei geni riuscirono a farsi invitare a
un torneo in Germania. Dovettero giocare tre partite perdendole tutte
con punteggi surreali, 73-0 o giù di lì – ma riuscirono a far perdere le
proprie tracce. Tuttora non si sa che fine abbiano fatto: Pasolini
reinventa la loro avventura con toni ironici ma solidali, chiudendo il
film su quattro di loro che decidono di fuggire in Inghilterra, «dove
almeno non si gioca 'sta cazzo di pallamano».
Il film è molto divertente, ma se analizzato con attenzione diventa
anche un sottile elogio del coraggio e della fantasia di tutti i
«migranti» del pianeta, di tutti coloro che affrontano il mondo senza
racchiudersi nel proprio orticello; quindi, forse, anche un (meritato)
autoelogio del Pasolini medesimo, cineasta che a nessun titolo può
essere definito un bamboccione. Gli interpreti cingalesi sono
fantastici: se potete, vedetelo in originale. |
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Valerio Caprara -
Il Mattino, 13 settembre 2008
Un film gradevole, appena appesantito
da un pizzico di retorica superflua, che affronta in forma di
tragicommedia l’emergenza dell’immigrazione. «Machan», selezionato dalle
Giornate degli autori alla recente Mostra di Venezia, segna l’esordio
dietro la macchina da presa di Uberto Pasolini, il brillante produttore
di «Palookaville», «Full Monty» e «I vestiti nuovi dell’imperatore» che
ha tratto da una storia vera lo spunto della sceneggiatura firmata in
tandem con la drammaturga cingalese Ruwanthie de Chickera. In effetti
sappiamo pochino dello Sri Lanka, nonostante l’ormai diffusa familiarità
con i lavoratori venuti dalla mega-isola soprannominata «lacrima
dell’India» e il film aiuta a immergersi nel formicolio disperato ma non
tetro delle baraccopoli di Colombo dove, nella prima parte, si muovono i
due ideatori di un imbroglio a fine di sopravvivenza. Qualche lentezza
descrittiva e poi lo scatto: venuti a conoscenza dell’invito ufficiale
rivolto alla Nazionale di pallamano del loro paese a partecipare a un
torneo in Baviera, Manoy e Stanley si mettono di buona lena ad arruolare
ogni sorta di emarginati che dovranno formare la fantomatica squadra da
trasferta. Il miraggio di un insperato visto per l’estero (quasi sempre
negato dalle autorità) fa sì che il gruppo iniziale cresca a vista
d’occhio, senza peraltro risolvere il piccolo inconveniente della loro
assoluta incapacità agonistica (per la verità non conoscono neppure le
regole del gioco). Facile immaginare come «Machan» diventi esilarante
nella seconda parte, quando i nostri antieroi, interpretati da
bravissimi e simpaticissimi attori esordienti, si ritrovano sul campo...
con l’unico obiettivo di filarsela per sempre. |
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Roberto Silvestri -
Il Manifesto,
12 settembre 2008
Il film amazzonico dalla parte dei
Guaranì-Kayowa del regista italo-argentino Marcio Bechis (più radicale,
almeno nelle intenzioni, di Mission e di Fitzcarraldo , perché mette al
centro del sistema narrativo gli aborigeni drastici , come il miglior
Herzog, anche se poi si tiene a distanza di sicurezza dalla loro potenza
sciamanica), cioè La terra degli uomini rossi , è eccentrico rispetto al
cinema italiano autorizzato e consentito, che obbliga a basare il
sistema narrativo sulle «due camere e cucina patriottiche» (Ozpetek,
Avati).
E istiga, se no niente finanziamenti pubblici, all'azione (o alla
meditazione) circoscritta all'interno della famiglia nucleare, da
omaggiare religiosamente (Pupi Avati) o da criticare laicamente (Ozpetek).
Insomma, almeno da laggiù, dal Brasile, dove i nativi lottano in
famiglia allargata anche contro Lula, per tornare nelle loro terre sacre
e abbandonare le riserve aride, c'è un po' di aria pura, sganciamento
d'immaginario dalla spiritualità cristiano-gesuitica, e un po' di
rabbia, visto che 517 Guaranì-Kaiowa si sono suicidati negli ultimi 20
anni per protestare contro i fazendeiros criminali (Chiara Caselli e
Claudio Santamaria ne fanno un'imitazione cinico-machista perfetta) e
Bechis da lì parte. Birdwatchers , titolo internazionale del film, fa
pensare anche a un altra opera «fuori schema», quasi italiano e
altrettanto cosmopolita, che dopo Venezia esce ora nelle sale italiane.
È Machan di Uberto Pasolini, il produttore di The Full Monty , che,
prendendo spunto da una tragedia vera dell'emigrazione (letta sui
giornali), sa condurci nei complici e complicati territori della
commedia etnica non esotica, ambientando in uno Sri Lanka credibile
(l'ex Ceylon è paese cinematograficamente illustre, grazie al mago
Lester James Peries, attivo fin dal 1956) un film diretto con il piglio
e i ritmi caldi di una banda paesana, con tanto di ottoni pesanti.
La povertà assoluta del paese (oltretutto martoriato da decenni da una
guerra civile aizzata da altri), che ha avuto nel passato governi
socialisti conseguenti, motivati e perfino trotskisti, e dunque è bene
punire, viene ben rappresentata da questo mucchio assortito di
disoccupati o mal occupati (poliziotti soprattutto), specialisti
nell'arte di arrangiarsi: chi più scolarizzato, chi più misterioso, chi
più ladruncolo, chi più stilista (trova a costo zero le magliette
giallo-blu indispensabili per la foto ufficiale del team), chi è,
letteralmente, senza tetto. È un gruppo di proletari della periferia di
Colombo, perennemente smaniosi di visto d'espatrio (e regolarmente
respinti dagli altezzosi burocrati tedeschi dell'ambasciata) ma non
privi di ingegno e fantasia, che si autoproclamerà «nazionale cingalese
di pallamano» (uno sport che in quel paese non gioca proprio nessuno),
addestrandosi approssimativamente nei campi vicino alle bidonville,
tanto, una volta invitati ufficialmente a Monaco e superata la dogana...
Saranno guai, invece, in Germania, quando il piano ben congeniato va a
gambe all'aria per un contrattempo e si tratterà di giocare davvero una
partita internazionale, di fronte a un pubblico bavarese esigente,
rischiando di perdere così l'onore... Il film, agghiacciante e
esilarante, a parte la storiella, ci racconta la Storia, senza però
farsene mai accorgere. |
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Maurizio Porro -
Il Corriere della Sera, 12 settembre 2008
Debutta come regista Uberto Pasolini,
nipote di Visconti e produttore di Full Monty, dimostrando di aver
capito la lezione: un tema forte, l' immigrazione, il disfacimento delle
famiglie, ma trattato coi ritmi da commedia. Riprende una notizia di
cronaca, secondo cui un gruppo di malmenati dalla vita, cingalesi e
altre etnie di una bidonville a Colombo, si fece credere per evadere in
Europa la squadra Sri Lanka di pallamano per raggiungere Monaco, sfidare
i tedeschi, perdere alla grande ma spargersi nel mondo. Ancora oggi le
autorità stanno cercando quei 23 finti campioni. Un puzzle di storie
vere anche divertenti, con molti fattori umani trattati con pudica
leggerezza, l' immigrazione attuale vista con lo sguardo di chi sa
quanto coraggio e disperazione richieda lasciare il proprio Paese. Voto
7,5 |
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