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i
film
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Titolo del film:
GALANTUOMINI (Galantuomini)
Regia:
Edoardo Winspeare
Soggetto:
Edoardo Winspeare, Alessandro Valenti
Sceneggiatura:
Andrea Piva, Alessandro Valenti, Edoardo Winspeare
Fotografia:
Paolo Carnera
Musiche:
Gabriele Rampino
Interpreti:
Donatella Finocchiaro (Lucia), Fabrizio Gifuni
(Ignazio), Gioia Spaziani (Laura), Mercello Prayer (Barabba), Giorgio Colangeli
(Carmine Za'), Beppe Fiorello (Infantino), Lamberto Probo (Fabio),
Antonio Carluccio (Donato), Fabio Ponzo (Rocco), Antonio Perrotta
(Claudio), Claudio Giangreco (Pino), Lorenzo Nicolì (Biagio), Federico Codacci
Pisanelli (Ignazio bambino), Filippo Massari (Infantino bambino), Sofia Chiarello
(Lucia bambina), Luigi Ciardo (Fabio bambino)
Genere, durata e
nazionalità: Drammatico, 100',
Italia
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Rassegna Stampa |
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Paolo Mereghetti - Il Corriere della Sera,
21 novembre 2008
Dichiarazione d'
amore per una terra irrimediabilmente cambiata agli occhi del suo
abitante/innamorato, Galantuomini racconta la deriva mafiosa in cui, una
quindicina d' anni fa, precipita il Salento sotto i colpi della Sacra
Corona Unita proprio come si racconta la perdita d' innocenza di un
uomo. Usando il secondo per spiegare la prima e viceversa. L' uomo è
Ignazio (Fabrizio Gifuni da grande, Federico Codacci Pisanelli da
bambino), un magistrato che negli anni Novanta torna a esercitare a
Lecce dopo anni di professione al Nord. Nel Salento era cresciuto da
bambino, legato per giochi e passione infantile con la popolana Lucia
(Sofia Chiarello da piccola, Donatella Finocchiaro da adulta) e per
confidenze a Fabio (Luigi Ciardo da bimbo, Lamberto Probo da grande).
Quando Ignazio torna, scopre che la bellezza dei luoghi è rimasta
praticamente identica ma che le persone sono profondamente cambiate:
scoprirà nel modo più tragico, di fronte a una morte per overdose, che
Fabio non può fare a meno dell' eroina; intuirà che Infantino (Giuseppe
Fiorello da adulto, Filippo Massari da adolescente) non è più solo il
ragazzo spavaldo della sua gioventù ma un piccolo boss con traffici poco
chiari (almeno ai suoi occhi); e soprattutto che Lucia ha perso l'
innocenza dei suoi anni verdi, anche se certamente non ha perso il
fascino che sa esercitare su di lui. Winspeare però, che firma la
sceneggiatura con Alessandro Valenti e Andrea Piva, per buona parte del
film evita con cura di raccontare i suoi personaggi attraverso la lente
dei sentimenti o delle passioni, piuttosto chiede allo spettatore di
scoprire (intuire) come persone e terra sono cambiati, mostrando le
diverse strade che hanno percorso: quella tragica e tragicamente
irresponsabile del drogato Fabio (commovente nella scena-sogno del suo
ultimo viaggio dalla vita alla morte); quella aggressiva e proterva di
Infantino che nelle scelte malavitose sembra trovare l' ambiente
perfetto per il suo carattere violento e survoltato; quella regolare e
ordinata del magistrato, convinto di poter controllare i propri
sentimenti così come gli atti delle inchieste che gli sottopongono; e
quella nascosta e taciturna di Lucia, che cresce nell' organizzazione
malavitosa capeggiata da Carmine Za' (Giorgio Colangeli) come
controvoglia, quasi si trattasse di dover affrontare l' ennesimo
problema quotidiano, che solo casualmente riguarda il contrabbando di
armi e la guerra tra bande e non piuttosto il bilancio famigliare o l'
educazione del figlio... Con loro e dietro di loro cambia anche il
territorio salentino, che in quegli anni (l' ultimo decennio del secolo
scorso), si trasformava da terra di «passaggio» per i trafficanti di
armi e droga, che partivano dal Montenegro per arrivare in Calabria, in
terra di conquista e di scontro per la neonata Sacra Corona Unita.
Trascinando inevitabilmente tutti lungo una discesa di sangue e di
violenza che non si fermerà più. Ecco, Winspeare lascia parlare i fatti.
O meglio: filma i fatti per far capire allo spettatore l' impossibilità
di ritrovare nel cuore dei suoi protagonisti quell' innocenza e quella
dolcezza che gli anni della gioventù avevano fatto supporre. Dal punto
di vista della messa in scena è una scelta coraggiosa e non scontata,
che chiede allo spettatore di riflettere sul legame strettissimo che si
innesca tra gli atti degli uomini e i condizionamenti materiali, tra
sogni e bisogni. Con un rischio nascosto: che abituato a una narrazione
più superficiale e prevedibile, lo spettatore si faccia «fuorviare» dal
racconto delle geste malavitose e confonda il film per l' ennesimo
mafia-movie, dove l' azione la fa da padrone e i sentimenti ne sono l'
inevitabile corollario. Invece la trovata di utilizzare un regolamento
di conti tra bande e soprattutto la scoperta da parte di Lucia della
paura e della perdita di protezione (è l' unica, fortunosa superstite di
uno scontro armato tra fazioni nemiche) per far riaffiorare in lei il
bisogno di un sentimento di protezione se non proprio di affetto, è una
scelta perfettamente coerente con l' ambizione di raccontare un
melodramma moderno, dove amore, cronaca nera e trasformazioni
antropologiche si legassero indissolubilmente una con l' altra. Un
melodramma che riunirà nella passione dei corpi chi si era inseguito fin
dalla gioventù, ma che naturalmente non potrà evolvere come prevedono le
regole del genere, regole che Winspeare ha infranto dall' inizio del
film e che non può certo rispettare alla fine.
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Silvana Silvestri -
Il Manifesto, 21 novembre 2008
Nel paese dove la Sacra Corona Unita
è stata sconfitta, il Salento, Winspeare torna a dare visibilità a una
terra attraversata da carovane vacanziere ma poco conosciuta nel
profondo. In Galantuomini, presentato da poco al Festival di Roma,
accolto con successo e premiato per la migliore interpretazione
femminile (Donatella Finocchiaro) ha cambiato registro rispetto ad
alcune scelte estetiche, ma non per quanto riguarda quelle di fondo: ha
deciso intanto di scegliere attori ben conosciuti insieme ad alcuni suoi
storici protagonisti come i musicisti Zimba, da poco scomparso,
protagonista di Sangue vivo e Lamberto Probo del gruppo Zoé, struggente
personaggio non secondario nella vicenda, poiché rappresenta quella
gioventù distrutta dalla droga introdotta ben prima della criminalità
organizzata. Nel lavoro di approfondimento storico che è alla base del
cinema di Winspeare, si fanno interagire e guardare bene in faccia due
personaggi appartenenti uno a una famiglia di «galantuomini», il
magistrato (Gifuni) e l'altra appartenente alla famiglia dei paesani (Finocchiaro).
Compagni di giochi da piccoli, hanno preso poi due strade diverse, il
primo tornato da poco al tribunale di città, lei diventata il braccio
destro di un boss che fa affari nel traffico d'armi con il Montenegro.
Nel film si vede l'ingresso imprevedibile della nuova organizzazione
criminale che insanguina per la prima volta terre in cui si sapeva
talvolta di rari fatti di sangue che risalivano a prima della guerra, in
cui i giovani affiliati non riescono a resistere, un po' perché incapaci
di efferatezze, un po' perché il tessuto sociale non ha connivenze con
le organizzazioni mafiose e perché la magistratura ha lavorato in
maniera esemplare per sconfiggere la malavita penetrata dalle regioni
confinanti. Non si risparmia la pungente critica né alla bassa
manovalanza, con un Beppe Fiorello proprietario del classico bar - sala
giochi luogo di ritrovo di spacciatori, bravissimo nel mostrare
debolezze di carattere, né alla doppia faccia della donna, madre
esemplare e boss feroce e neanche a quella classe di galantuomini che
non prendono quello che vogliono veramente, perché non si sognerebbero
mai di fare qualcosa che va contro lo stile della famiglia d'origine,
personaggio impersonato da Gifuni con esemplare verosimiglianza. Come
avrà fatto a fare parlare tutti in un linguaggio non stonato è un
segreto di regia, uno dei tanti dello stile deciso di Winspeare. |
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Valerio Caprara -
Il Mattino, 22 novembre 2008
Romantica e crudele come un'eroina
noir, ma anche inquietante come le pregiudicate che s'intravedono sui
giornali o nei Tg. «Galantuomini» è un film da non perdere soprattutto
perché Donatella Finocchiaro (Lucia), braccata dalla cinepresa dalla
prima sequenza all'ultima, protagonista di numerose scene madri e
condotta dai gesti e dai dialoghi ai limiti estremi del melò, è di una
bravura almeno pari alla sua sensualità. Edoardo Winspeare, occhio
cosmopolita ma radici piantate nel Salento, conferma un taglio narrativo
a pieno schermo, ricco d'azione e introspezione, concentrato sul quadro
d'ambiente e insieme aperto agli slanci evocativi struggenti. Fabrizio
Gifuni è il magistrato Ignazio che all'inizio dei Novanta ritorna nella
città natale (una Lecce «riscoperta» dalla fotografia di Paolo Carnera)
e vede morire per overdose un vecchio amico; quando il caso gli viene
affidato, scopre che Lucia, di cui è innamorato dall'infanzia, non solo
è coinvolta, ma è addirittura diventata il braccio destro di un boss
della Sacra Corona Unita. Un gruppo di personaggi feroci e grotteschi -
tra cui lo spacciatore interpretato dall'eccellente Beppe Fiorello -
occupano gli sfondi criminali, ma in primo piano divampa il duello
d'amore e perdizione, rimpianto e dignità che trascina il tormentato
altoborghese e l'indomita malavitosa sino al punto di non ritorno. Un
film forse imperfetto, ma vivido, intenso e in grado d'amalgamare
elementi divergenti come le intermittenze della memoria, il conflitto
tra doveri e interessi e l'amoralità della passione autentica. |
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Fabio Ferzetti - Il Messaggero, 21 novembre 2008
Un uomo, una donna. Un
giudice, una malavitosa. Un uomo che se n'è andato lontano, mentre nella
sua terra tutto cambiava. E una donna che è rimasta lì, nel Salento,
diventando una piccola boss della nascente Sacra Corona Unita. Cosa che
il giudice naturalmente ignora. Ma che scoprirà, insieme al sentimento
mai vissuto e mai dimenticato per quell'amica d'infanzia. Incardinato ai
suoni e ai colori del suo Salento, I galantuomini di Edoardo Winspeare
parte da una bella idea di sapore quasi mélo a unire il magistrato
Gifuni e la malavitosa Finocchiaro c'è anche un altro amico morto
d'eroina, il sognatore del gruppo, il musicista Lamberto Probo ma ne
disperde il potenziale accumulando troppe piste e troppi registri
narrativi. Il meglio è sul fronte sentimentale, nei trasalimenti del
giudice, in quell'amore represso e impossibile che diventa metafora di
una terra lacerata. Convincono meno il profilo e le imprese da capoclan
della valorosa ma spaesata Finocchiaro, il traffico d'armi, i colloqui
con i boss rivali, la guerra fra cosche, i rapporti con l'ex-compagno
pieno di coca e di ormoni (un intonato Beppe Fiorello). Elegante, ma
esangue. |
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Lietta Tornabuoni - La Stampa, 21 novembre 2008
Una donna-boss a capo di un gruppo
della Sacra Corona Unita (l'unica mafia del Mezzogiorno che sia stata
sconfitta o si sia disfatta), comandante dei traffici d'armi e di droga
con il Montenegro, forse arrivata in cima per via di favori sessuali ma
forte, capace, dura.
La protagonista di Galantuomini di Edoardo Winspeare rovescia
radicalmente il luogo comune della donna meridionale vittima o
assassina, attraverso un'attrice importante per bravura e bellezza,
Donatella Finocchiaro. Un'interprete magnifica con una caratteristica
rara: salvo che non sia richiesto dalla parte, non ha mai
quell'atteggiamento oblativo, quell'aria di offrirsi né quell'istintiva
civetteria tanto frequenti nelle donne di spettacolo. Mantiene una
dignità e una sobrietà che, insieme con la bellezza meridionale, le
danno una qualità unica.
Accanto al suo personaggio di donna forte, in Galantuomini c'è una
figura molto interessante di uomo debole: è Beppe Fiorello, molto bravo
nell'interpretare uno spacciatore e barista di paese vanesio, fanfarone,
un velleitario patetico ex amante e padre del figlio della Finocchiaro.
I due attori, e Fabrizio Gifuni nella parte di un magistrato che fin
dall'infanzia nutre un amore impossibile per la protagonista, danno
grande spessore al film che pure ha molti pregi. Girando nel Salento
dove è nato, Winspeare ha conservato la bellezza e la luce invernale
quasi metallica del paese; ha saputo armonizzare perfettamente i
traffici internazionali e l'aria paesana; ha saputo ideare un'atmosfera
amorosa senza retorica, una memoria d'infanzia mai stucchevole.
E' proprio questa commistione tra costumi e paesaggi antichi e
un'attività criminale che forse non è moderna ma che tale ci appare, a
creare questa atmosfera particolare che lascia capire come le cose
vadano anche in tante altre parti d'Italia.
La storia d'amore, nonostante la sua impraticabilità, ha uno slancio e
una malinconica freschezza non frequenti nel cinema nostro. Galantuomini
(il titolo si riferisce ai potenti del paese) è davvero un bel film. |
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