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    Titolo del film: ELDORADO ROAD (Eldorado)

Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Bouli Lanners

Fotografia: Jean-Paul De Zaeytijd Harris Savides

Musica: Renaud Mayeur, An Pierlé, Koen Gisen

Interpreti: Bouli Lanners (Yvan), Fabrice Adde (Elie), Philippe Nahon (Collezionista), Jean-Jacques Rausin (Motociclista), Renaud Rutten (Motociclista), Stefan Liberski (Garagista), Baptiste Isaia (Garagista), Françoise Chichéry (Mamma di Elie), Didier Toupy (Naturalista), Jean-Luc Meekers (Uomo al parcheggio)

Genere, durata e nazionalità: Drammatico, 85', Belgio/Francia

   
         
       Mariarosa Mancuso - Da Il Foglio, 21 maggio 2008

   Il Belgio non è solo fratelli Dardenne. Qualcuno – parlando di cinema, non stiamo gareggiando con i pregiudizi che il killer irlandese Colin Farrell sfodera nel film "In Bruges – La coscienza dell'assassino" – sa far tesoro di perfetti tempi comici. Applicati, in "Eldorado", alla più consunta delle situazioni: balordo incontra balordo, e insieme si mettono in viaggio a bordo di una Chevrolet del 1979, nel piattissimo paese cantato da Jacques Brel, inquadrato in cinemascope come una prateria western. Ma non si dà luogo comune che un regista bravo non sappia far tornare come nuovo. Assieme a Edouard Baer (maestro di cerimonie della serata inaugurale, dove abbiamo ritrovato in splendida forma Claude Lanzman, assente alla Fiera del Libro di Torino per gravi motivi di salute), il regista, sceneggiatore e attore era in una commedia tarantinesca ma gentile vista l'anno scorso a Locarno, "J'ai toujours rêvé d'être un gangster" di Samuel Benchetrit. Identico lo spunto: una rapina che va male. L'eroinomane Elie cerca di scassinare l'appartamento di Yvan (molto somigliante a un puffo, per restare tra le glorie nazionali della nazione belga). Si infila sotto il letto, patteggia, chiede soldi, poi un passaggio, poi compagnia per incontrare i genitori che non vede da tempo. Budget ridicolo, idee per tre film, neanche un passo falso.

   
         
       Marianna Cappi - da www.mymovies.com

   Yvan è un solitario e irascibile commerciante d'auto d'epoca che vive alla periferia di Liegi. Rientrando a casa, un giorno, sorprende un ragazzo che ha appena tentato di derubarlo. Paziente ma inflessibile, Yvan attende per tutta la notte che il ladro esca da sotto il letto, quindi, anziché chiamare la polizia, colto da un impeto d'affetto, si offre di accompagnarlo dai suoi genitori, ai confini con la Francia. Insieme, all'avventura, condividono e annullano le reciproche solitudini, almeno per il tempo del viaggio.
   Ci voleva, pare, Bouli Lanners per convincerci che il Belgio è il territorio adatto per un road movie. Ci voleva per forza Bouli Lanners per interpretare Yvan e riempire di sfumature un percorso altrimenti silenziosissimo, a bordo di una Chevrolet del '79, in compagnia di un ragazzino tossicodipendente che non si leva mai il cappello ma sembra aver qualcosa lì sotto, nel cervello, che funziona e che potrebbe aiutarlo a vivere meglio, se solo lui gli desse l’opportunità di uscire allo scoperto. Ci voleva sempre Bouli Lanners per spacciare per un piccolo film, all'apparenza pressoché disabitato, un saggio di ottimo cinema.
   Eldorado - che la versione italiana rinomina Eldorado Road - è un titolo sproporzionato e letteralmente fuori luogo, che richiama una terra mitica, nella quale la ricchezza non esiste e gli uomini vivono felici: nessuna associazione con le piatte lande della Vallonia o la periferia urbana, infestata dalla piaga della misera umana.
   Eppure, finché girano le quattro ruote, mentre il paesaggio scorre fuori dal finestrino come scorrono i fotogrammi sullo schermo, Yvan e Elie si ritrovano a non mancare di nulla (nemmeno dei generi alimentari, sottratti ad un benzinaio noncurante) e a veder nascere un rapporto, il loro, dopo che si sono appena confessati di soffrire, ognuno a proprio a modo, per una serie di relazioni trascurate, perché, in fondo, erano sempre lontano quando era importante che fossero vicino. Ma il cinema - come la vita - è spazio e tempo: si possono coprire lunghe distanze, ma a volte non basta, a volte è troppo tardi.
   Lanners prende in prestito dalla lezione americana i cieli da western e il mito della libertà per raccontarne l'altra faccia della medaglia, in un mélange di tristezza e idiozia che si fa amare per come rifugge snobismi e patetismi, appostati dietro l'angolo. Con il suo corpo pesante e l'espressione che scansa il sorriso, il sottofondo musicale hippy e il passato tragico, il suo personaggio ricorda un po' il John Goodman del Grande Lebowski ma l'America, qui, è solo un sogno, il Belgio è breve, il viaggio è già finito.

   
         
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